“Signori si nasce e io lo nacqui”
- rspasso
- 14 mag 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Quartiere Parioli, ho appena finito una riunione e devo tornare in ufficio. E’ una bella giornata di sole e andrei volentieri a fare due passi piuttosto che chiudermi in un open space con i miei colleghi, che sopporto a mala pena. Sono anche un po’ annoiata, penso: sempre tutto uguale, sempre la stessa gente, le stesse cose. Uffà!
Chiamo un taxi, mi tengono in linea circa un quarto d’ora, prima di darmi la sigla. Pazienza! Mi dico. Roma è una città caotica, lo sai, che ti lamenti a fare ogni volta.
Finalmente arriva, entro e il tassista: dove andiamo?
Rispondo, leggermente infastidita: Viale Aventino, di fronte alla FAO.
Non faccio in tempo a finire la frase, che il tassista mi dice: lei è del nord vero?
Uhm, questo ha voglia di parlare. Odio quando i tassisti intavolano discorsi di cui non me ne frega niente. E io, un po’ sarcastica: sì, di Bolzano del sud. Continua… Sa’, ho conosciuto una persona straordinaria e io, sempre più infastidita: di Napoli?
Mi volto verso il finestrino sperando che la conversazione si interrompa là. No, il tassista non tace. Pazienza! Mi dico ancora. Il viaggio è breve.
Cerco di pensare ad altro (e qui scatta il pregiudizio); infatti mi aspetto la solita solfa sulla società che non funziona, il traffico di Roma, la Sindaca che non ha fatto niente, insomma, una di quelle filippiche a cui, di solito, rispondo: infatti, e sì, purtroppo.
Nonostante la mia scarsa disponibilità, c’è qualcosa che mi cattura, sarà che ha una bella voce.
Decido di ascoltarlo.
Lavoravo in un ristorante del centro, mi ero trasferito da Amatrice, la mia famiglia era piuttosto povera.
Quasi ogni giorno, veniva un distinto signore che tutti chiamavano Maestro. Io non lo conoscevo, pensavo fosse un insegnante.
Era sempre molto gentile con tutti, però amava mangiare in disparte, in un angolo isolato.
Un giorno mi chiama e mi chiede: ragazzi’ quanti anni hai?
13.
Così piccolo già lavori?
Sì Maestro, a casa siamo in tanti e devo guadagnare per aiutare mio padre.
Tuo padre che lavoro fa?
E’ operaio.
E tua madre?
Quando ha tempo, fa la sarta.
Vuole che sia sempre io a servirlo e questa cosa mi rende felice; non capita spesso che qualcuno, con gentilezza, si interessi a me.
Sono contento quando lo vedo arrivare, porta sempre gli occhiali scuri, non li toglie mai e qualche volta lo accompagna sua moglie, una bella donna molto più giovane.
Vuole sapere dove abito a Roma, quanto guadagno e se quei soldi mi bastano.
Sì, Maestro, mi bastano perché li spendo solo per pagare la stanza, il resto lo mando a mio padre.
Un giorno arriva più tardi, il ristorante è vuoto, chiede al proprietario se può mangiare in mia compagnia.
Signo’ che emozione! Non era mai successo che un cliente chiedesse di sedersi con il cameriere.
Alla fine del pranzo, tirando la mano dalla tasca della giacca: tieni ragazzi’.
No Maestro, non posso accettare. (Erano 10.000 L, bei soldi, signo’, a quel tempo).
Senti, tua madre mi ha cucito dei vestiti e non l’ho ancora pagata, prendili. Non dire niente a nessuno però, non mi piace far sapere che ho dei debiti.
Il Maestro, di tanto in tanto, continua a darmi dei soldi e io li mando a casa insieme a quelli che guadagno. Sempre mantenendo il segreto.
Un giorno, vedo entrare mio padre con un’ espressione preoccupata, mi saluta velocemente e va dal ristoratore.
Li vedo parlottare e dopo un po’ il mio principale entra in sala e dice: vieni un poco qua. (Signo’, non le nascondo che mi sono spaventato).
Ho pensato: chissà che ho combinato.
Mio padre mi guarda e mi dice: siediti. Senti, quando finisci di lavorare, dove vai?
A casa.
A casa? E io ci devo credere?
Sì, papà, vado a casa.
E tutti i soldi che mandi, dove li prendi?
A questo punto, non mi resta che dire la verità: me li dà il Maestro.
Cosa sia accaduto dopo, non lo so perché siamo arrivati a destinazione e, tutto sommato, ha anche poca importanza.
Saluto e ringrazio quest’uomo che, in una giornata come tante, mi ha reso partecipe di una bella ed elegante storia di solidarietà.
Il Maestro, come lo chiamavano in quel ristorante, è Antonio de Curtis, Principe del sorriso, più noto come Totò.
Titti
fonte: (foto 1) 123rf ; (foto 2) cosa fare a Roma; (foto 3) Come chiamare un taxi a Roma.
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