… E dopo la scuola?
- rspasso
- 4 apr 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Oggi voglio affrontare con voi un tema piuttosto attuale, che riguarda soprattutto i giovani. Molti di loro (anche se ancora non sappiamo con quale modalità, data la situazione di emergenza che stiamo vivendo) lasceranno nel 2020 una volta e per sempre il mondo della scuola, e (rullo di tamburi) si affacceranno a una nuova, importante parentesi della loro vita. Per la maggior parte di questi ragazzi, il quesito fondamentale è uno ed uno soltanto: “Ma dopo aver preso sto diploma, che faccio?”
Nessuno sa bene cosa farà dopo il diploma ragazzi. Io non so nemmeno cosa cucinerò oggi a pranzo, figuriamoci se quando avevo 18 anni sapevo cosa fare della mia vita. Quindi no, questo articolo non pretende di potervi dire cosa farete, cosa siete in grado di fare o chi diventerete. Cercherà però di rispondere ad alcune domande che spesso mi vengono poste dai diplomandi, provando a darvi indicazioni su quello che è il mondo fuori dalla scuola.
1. “Dopo la scuola devo subito iscrivermi all’università?”
No. Nessuno vi obbliga a iscrivervi per forza, 2 mesi dopo aver conseguito il diploma, a un istituto universitario. Tuttavia, per ovvi motivi che riguardano la complicata situazione lavorativa venutasi a creare nel nostro paese dagli anni ’80 in poi, oggi avere una laurea è un requisito fondamentale per poter sperare (forse, chissà quando, chissà perché) in uno stipendio. Sono molti però i casi di giovani diciottenni che, non sapendo quale strada intraprendere, scelgono quasi a caso la propria facoltà: ne pagano le conseguenze un anno dopo, quando si rendono conto di studiare qualcosa che non li attira, rimangono indietro con gli esami e a volte cadono in depressione (e questo è SBAGLIATO ragazzi, non si cade in depressione per l’università). Certo errare è umano, e scegliere la facoltà “sbagliata” può contribuire al percorso formativo di uno studente. E se non si prova una strada, come si fa a sapere se è quella giusta o no? Giusto anche questo. Se si è però davvero tanto incerti sul cosa dover fare dopo la scuola, c’è sempre ’idea del prendersi il cosiddetto “anno sabbatico”. Ma cos’è un anno sabbatico?
2. “L’anno sabbatico è un anno in cui non si fa niente?”
No ragazzi, no. Anno sabbatico non è un sinonimo di YE, SESSO DROGA AND ROCK n’ROLL, VADO A ZONZO PER IL MONDO PER DODICI MESI! Ora, per quanto sia bello girare il mondo in interrail, (o in aereo, o in nave, non nutriamo nessun razzismo nei confronti dei mezzi di trasporto) il senso dell’anno sabbatico è un tantino diverso da così. Molti studenti cercano, per quanto sia possibile,
di riempire questi 12 mesi con esperienze di vario tipo: di studio, lavorative, all’estero. Ho conosciuto molte ragazze che hanno deciso di fare le au pairs prima di iscriversi a una facoltà, o ragazzi che hanno lavorato; nel frattempo, frequentavano i corsi che potevano interessarli come uditori. Scegliendo un percorso del genere, fareste risparmiare ai vostri genitori un bel po’ di dindini, che andrebbero buttati se iniziaste a frequentare un’università che poi mollereste. Perché le tasse sono una cosa reale ragazzi, per alcuni anche gravosa, e non vanno prese sotto mano.
3. “Se decido di fare l’università, come posso orientarmi già prima di settembre?”
Le preiscrizioni all’università vanno generalmente fatte prima dell’inizio dei corsi (che cominciano in genere verso ottobre), ma molte università offrono corsi di orientamento già dalla seconda metà di agosto. Andateci. Spesso danno informazioni parecchio utili a chi vuole capire di più del mondo universitario.
4. “Cosa cambia tra scuola e università?”
TUTTO. Ragazzi, parliamoci chiaro. La scuola è un po’ come una seconda casa. I professori stanno sempre lì ad aiutarvi (o a rompere le scatole, dipende dai punti di vista), se non fate i compiti avete bisogno delle giustifiche, per non parlare delle assenze…
La verità, cari giovani, è che all’università non se ne frega nessuno di voi! I professori gestiscono classi che, specie il primo anno, contengono tra i 300 e i 450 studenti, per cui non si ricorderanno MAI nemmeno come vi chiamate (ovviamente non sarà sempre così. Già al terzo anno quei 450 saranno diventati 80. Ma sono sempre 80, e non 26, come in una scuola). Sarete VOI a dover gestire ogni cosa: deciderete se seguire i corsi o no (a parte per quelle facoltà, come medicina, che richiedono la frequenza obbligata), quando dare gli esami, quanto studiare al giorno. Nessuno vi darà i compiti giorno per giorno, ma spesso sono richiesti progetti, anche in team: questo è tipico ad esempio di ingegneria.
Quando avrete bisogno di chiedere un’informazione o un chiarimento a un professore, e magari sarà impossibile farlo a lezione per ovvi motivi (ricordatevelo! Siete 400!) dovrete andare da lui a ricevimento – e a volte farvi file di ore perché non siete gli unici a non capire una ceppa, ce ne sono altri 50.
Detto così sembra un tantino orrendo, ma in realtà non lo è affatto. Il punto è sempre lo stesso: se la vostra scelta sarà quella giusta, studierete cose che vi interessano, e di conseguenza avrete molta più voglia di farlo rispetto a quando eravate a scuola. Quindi mi raccomando! Prendetevi il vostro tempo. Vi svelo un segreto: NON CAMBIA NULLA A NESSUNO se vi laureate a 24-25 o 26 anni (magari evitate di arrivare ai 36, quello lo sconsiglio vivamente).
5. “Alcune facoltà sono migliori/peggiori di altre, più facili/più difficili di altre?”
NO. ENNE-O. Non esiste una facoltà migliore, non esiste una facoltà più facile. TUTTE le facoltà sono ugualmente difficili, ma c’è chi è portato più per una che per l’altra. Posso essere un genio di ingegneria aerospaziale e una pippa in letteratura italiana, un architetto nato ma una frana nelle lingue. Non creiamo conflitti e pregiudizi inutili, che spesso sono solo frutto dell’inconsistenza e della vanità di pochi (idioti). Ogni facoltà ha le proprie difficoltà e i propri punti di forza, e non è né migliore, né peggiore di un’altra; solo diversa. QUINDI state sereni!
Ps. E in bocca al lupo per l’esame!
Giulia Nania
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